Trivelle sì, trivelle no. Si voterà con Referendum popolare abrogativo il prossimo 17 aprile sulla durata delle concessione attive alle trivellazioni entro le 12 miglia marine lungo le coste italiane. Quindi una (mezza) vittoria per gli ecologisti: dalle urne uscirà un messaggio chiaro in termini ambientali che scombussolerà, non poco, gli aspetti economici e di sviluppo. Perché se vincerà il partito del contro-trivelle (come avvenne nel 1987 col referendum sul nucleare), i Comuni interessati non riceverebbero più gli incentivi ad hoc; inoltre, rinunciando alle risorse di greggio e gas di casa nostra, ricorrendo al contempo a quelle di altri Paesi, potremmo aspettarci possibili aumenti in bolletta. Ma è davvero così?
La ricetta dell’autosostentamento energetico è vecchia come il mondo. Innanzitutto, se l’Italia dovesse trivellare di più i suoi giacimenti, in dieci anni comunque finirebbe il petrolio (e ancor meno il gas, posizionato nell’Adriatico settentrionale). Quindi, non è che staremmo messi meglio, anzi. Inoltre, a poca distanza dalla conferenza sul clima di Parigi (dicembre 2015), l’obiettivo globale resta contrastare il surriscaldamento globale, quindi è assolutamente indispensabile un taglio netto all’utilizzo dei combustibili fossili. E poi l’impatto ambientale provocato dalle trivellazioni. Cosa ne sarà del futuro del nostro turismo, del troppo spesso dimenticato mondo solitario dei nostri pescatori, della nostra agricoltura. La deturpazione dei luoghi, gli ecosistemi, i nostri mari, che ci avvolgono da Nord a Sud e raccontano la nostra storia, chi siamo. La nostra salute. I nostri figli. Perché scavare pozzi ha un effetto boomerang su tutto ciò che li circonda ed i benefici non sempre rimangono in patria (molto spesso, infatti i trivellatori sono compagnie australiane, statunitensi, britanniche, ecc.). E poi, se vogliamo realmente ridurre la bolletta, dobbiamo pensare ad altro, ad esempio le energie rinnovabili - un mercato che, tra l’altro, ha creato a livello nazionale oltre 100mila posti di lavoro e fornisce, oggi, circa il 40% di energia elettrica. Oppure incentivare il trasporto ferroviario, risparmiando oltre 400 milioni di euro l’anno.
Meditate gente, meditate. Ma non troppo: il 17 aprile è alle porte. (KB)
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